Tra il 2008 e il 2019 il numero di esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa è diminuito del 12,1%, pari a circa 70mila in meno. Un calo medio che “nasconde” varie tendenze, come la forte diminuzione degli ambulanti (-14%) e l’aumento di alberghi, bar e ristoranti (+16,5%). I dati sono contenuti nell’analisi “Demografia d’impresa nelle città italiane”, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio prendendo in considerazione 120 Comuni italiani. Ne emerge anche che sono i centri storici a soffrire di più  in particolare al Centro Sud. A livello nazionale si nota un leggero miglioramento dell’economia dopo la lunga crisi, che rispecchia d’altra parte il cambiamento delle scelte di consumo: aumentano infatti farmacie e negozi di pc e telefonia, e diminuiscono i negozi tradizionali.

A Mantova, secondo i dati della sezione locale di Confcommercio, dal 2008 al 2019, in centro storico, si è passati da 337 esercizi di commercio al dettaglio a 292: si sono persi dunque 45 negozi (-13,35%); fuori dal perimetro più  centrale, sono scomparsi invece 68 negozi (si è passati da 297 a 229) pari al -22,89%.

Bene la performance di alberghi e pubblici esercizi, saliti in centro storico da 167 a 198 (+18,56) e in periferia da 169 a 199 (+17,75). A farla da padroni bar e ristoranti, con un aumento in centro storico a doppia cifra,  +20,8% (si è passati da 149 locali a 180) e nell’hinterland da 154 a 167 (+8,44%).

Questa analisi certifica che la desertificazione commerciale e la parallela esplosione del settore food nei centri urbani è un fenomeno dalle dimensioni nazionali, addirittura globali – afferma Ercole Montanari, presidente di Confcommercio Mantova – Ciò premesso, mal comune non è mezzo gaudio e la nostra città, così come l’intero territorio provinciale, parte svantaggiata a causa di pesanti ritardi, nodi infrastrutturali mai risolti, dimensioni contenute che non permettono, molte volte, di fare massa critica. Oggi lo stato di salute del commercio, a livello provinciale, regionale, nazionale, è altamente precario. Alzare la serranda la mattina portando sulle spalle uno zaino imbottito di macigni, tassazione, crisi dei consumi, burocrazia, concorrenza dell’on-line, mancato passaggio generazionale, commercio che è stato letto come occupazione di rifugio favorendo l’improvvisazione imprenditoriale, è molto difficile”.

Nell’outlook delle fiscalità e delle difficoltà del fare impresa nel 2020 – aggiunge il direttore Nicola Dal Dosso l’Italia  si colloca al 128° posto su una graduatoria di 190 paesi, dopo il Mozambico. E’ necessario un piano nazionale per la rigenerazione urbana per migliorare la qualità della vita dei residenti e rendere i centri storici più attrattivi per i turisti. Bene, dunque, il ‘bonus facciate’ che va in questa direzione. Ma occorre anche un maggiore sostegno all’innovazione delle piccole superfici di vendita e, soprattutto, una riforma fiscale complessiva per abbassare le tasse e sostenere la domanda interna che vale l’80% del Pil”.




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