Gli accessi in ospedale per infarto miocardico acuto a livello nazionale si sono pressoché dimezzati nell’ultimo mese, questo per il timore di contrarre l’infezione da Coronavirus. I pazienti sottovalutano i sintomi e così quasi la metà delle persone colpite da infarto non si rivolge tempestivamente al 118, non va in ospedale o ci arriva in ritardo.

Anche a Mantova e Provincia la situazione è la stessa, per questo è intervienuto direttamente il dottor Corrado Lettieri, direttore della Struttura Complessa di Cardiologia del Carlo Poma: “Tra le motivazioni principali della riduzione dei ricoveri per sindrome coronarica acuta c’è la paura del contagio ospedaliero. Questa tendenza è particolarmente preoccupante per le patologie come l’infarto miocardico la cui prognosi è tempo dipendente nel senso che maggiore è il ritardo al trattamento, più esteso è il danno al muscolo cardiaco e più elevata è la mortalità. Per ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell’infarto si registrano fino a 3 morti in più su 100 pazienti trattati”.

La conferma di questa tendenza viene da Pier Paolo Parogni, responsabile del 118 mantovano: “Rileviamo anche un’incidenza di arresti cardiaci a domicilio più che raddoppiata nella nostra provincia nell’ultimo mese, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

Anche i pazienti che decidono di rivolgersi alle strutture ospedaliere lo fanno in molti casi tardivamente, con il conseguente rischio di gravi complicazioni. Lettieri lancia un appello: “All’insorgenza di sintomi sospetti di infarto, tra cui i più frequente è il dolore al petto persistente, spesso esteso al braccio sinistro e associato a sudorazione fredda e profusa, bisogna chiamare senza ritardi il 118 o comunque raggiungere subito il Pronto Soccorso”.

A Mantova, pur nella complessa situazione di emergenza sanitaria attuale, è regolarmente attiva, come ormai da 20 anni a questa parte, la rete per il trattamento dell’infarto miocardico acuto e in  queste settimane si è provveduto a creare percorsi differenziati per cui i pazienti affetti da patologie cardiache con o senza co-infezione virale non si incrociano.

 

 




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